Omelia S. Cuore 2008 - donsandroamatori.it

"C'è più gioia nel dare che nel ricevere"
una vita per il Signore
La santità ordinaria di un uomo fuori dal comune
Title
Vai ai contenuti
Venerdi 30 maggio,
abbiamo celebrato nella liturgia la festa del Sacro Cuore di Gesù.
Cinquantadue anni fa, il 15 maggio 1956, il papa Pio XII, pubblicava l’Enciclica “Haurietis aquas”  per ricordare il primo centenario della estensione  all’intera Chiesa della festa liturgica del Sacro Cuore e per richiamare i motivi teologici di questa devozione.

Il Papa Benedetto XVI, volendo sottolineare questo anniversario, ha scritto una lettera al Preposito Generale della Compagnia di Gesù, che come tale è il direttore dell’ “Apostolato della Preghiera”. Il documento di Papa Pacelli, metteva in evidenza i fondamenti biblici e patristici di questa spiritualità, e ne svelava la inesauribile fecondità  pastorale e apostolica. Il Papa Benedetto XVI , nella lettera, afferma che questo culto è sempre attuale per “ravvivare la fede nell’amore salvifico di Dio” L’immagine della sorgente ritorna in molti passaggi, a cominciare dal riferimento al versetto del profeta Isaia dal quale l’enciclica di Pio XII prendeva nome. “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza”.(Isaia 12,3). “I doni ricevuti dal costato aperto, dal quale sono sgorgati sangue ed acqua” (Gv 19,34) fanno sì che la nostra vita diventi anche per gli altri sorgente da cui promanano “fiumi di acqua viva”(Gv 7,38).

Come si vede l’attenzione è rivolta anzitutto al cuore di carne di Gesù, inteso come parte della sua santissima umanità; quella umanità che il Verbo ha voluto assumere per incarnarsi e per sacrificare la sua vita sulla croce. Ma di qui la considerazione va subito all’amore di Dio che si esprime e si dona attraverso l’immagine del cuore. La devozione, afferma il Pontefice, “ è in sostanza il culto dell’amore che Dio ha per noi nel Cristo, e insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli altri uomini”
Il cuore di Gesù è una sorgente. E a questa sorgente, afferma il Papa, “dobbiamo attingere per raggiungere la vera conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore. Potremo così meglio comprendere che cosa significhi conoscere in Gesù Cristo l’amore di Dio, sperimentarlo tenendo fisso lo sguardo su di Lui, fino a vivere completamente dell’esperienza del suo amore, per poi testimoniarlo agli altri”. Lo sguardo al “costato trafitto dalla lancia” nel quale rifulge la sconfinata volontà di salvezza da parte di Dio, non può quindi essere considerato come una forma passeggera di culto o di devozione: l’adorazione dell’amore di Dio, che ha trovato nel simbolo del “cuore trafitto” la sua espressione, rimane imprescindibile per un rapporto vivo con Dio”. Chi accetta l’amore di Dio interiormente, è da esso plasmato: “L’amore di Dio sperimentato, viene vissuto dall’uomo come una “chiamata” alla quale egli deve rispondere. Lo sguardo rivolto al Signore, che ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie ci aiuta a divenire più attenti alla sofferenza e al bisogno degli altri. Ci rende capaci di affidarci al suo amore salvifico e misericordioso e al tempo stesso ci rafforza nel desiderio di partecipare alla sua opera di salvezza diventando suoi strumenti.”

Ecco dunque, spiega ancora il Papa,”perché questo culto, totalmente rivolto all’amore di Dio che si sacrifica per noi, è di così insostituibile importanza per la nostra fede e per la nostra vita nell’amore. Esso infatti non costituisce soltanto il contenuto della devozione al Cuore di Gesù: esso è, allo stesso modo, il contenuto di ogni spiritualità e devozione cristiana. Il fondamento di questa devozione è antico come il cristianesimo stesso. Infatti, essere cristiano è possibile soltanto con lo sguardo rivolto alla Croce del nostro Redentore, “a Colui che hanno trafitto”.(Gv 19,37) A ragione l’Enciclica “Haurietis aquas” ricorda che la ferita del costato e quelle lasciate dai chiodi sono state per innumerevoli anime i segni di un amore che ha informato sempre più incisivamente la loro vita”. E quindi il Papa auspica che la ricorrenza cinquantenaria valga a stimolare in tanti cuori una risposta sempre più fervida all’amore del Cuore di Cristo”.  

Questa nostra epoca è ricca sì di fermenti positivi e di inquietudini sincere, ma tutti corriamo il rischio di assuefarci ad uno stile di vita permeato di materialismo pratico, di individualismo, di relativismo, di smarrimento del senso delle nostre effettive radici culturali e spirituali.

A Santa Margherita Maria Alacoque, una suora Visitandina francese del 1600, il Signore era apparso varie volte e aveva dichiarato: “Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini da non risparmiare nulla fino al sacrificio supremo senza limiti e senza riserve, per dimostrare il suo amore. La maggior parte di essi però mi ricambia con l’ingratitudine….Perciò ti chiedo che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, sia celebrata una festa per render culto al mio Cuore”. Questa Santa aveva come direttore spirituale San Claudio della Colombière, sacerdote Gesuita canonizzato nel 1992, che tanto aveva preso a cuore questo culto. Di qui il legame tra Compagnia di Gesù, Culto del Sacro Cuore e Apostolato della Preghiera. L’offerta al Cuore divino di Gesù per mezzo del Cuore immacolato di Maria delle preghiere, delle azioni, delle gioie e sofferenze della giornata, in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, come è formulato nella preghiera dell’Apostolato, compendia i contenuti e le finalità di questo culto. Anche noi possiamo trarre sempre nuovo stimolo ad amare il Signore.

Don Sandro
(venerdì 30 maggio 2008, un anno dopo aver lasciato la parrocchia Sacri Cuori di Gesù e Maria)


Torna ai contenuti