PRIMO PARROCO DEI SACRI CUORI DI GESU' E MARIA
Quando sono arrivato nel 1996 (da diacono)
come futuro viceparroco dei Sacri Cuori (dal maggio 1997)
mi ha subito colpito il grande affetto di don Sandro verso don Cesare.
Negli anni a venire poi ho capito sempre di più la natura meravigliosa del loro rapporto.
Don Sandro era stato viceparroco di don Cesare e una volta andato in pensione,
il saggio "primo parroco"
non ha perso l'occasione di richiamare ai Sacri Cuori Don Sandro.
Don Sandro ha mostrato un'attenzione minuziosa sbriciolata in tanti dettagli di amore verso don Cesare. Qunado lo ha sostituito nel compito di parroco,
lo ha sempre coinvolto, capendo l'amareza che si prova nel dover lasciare
ciò su cui si è lavorato una vita.
Ma tutti però siamo diventati devoti del primo parroco in particolare per il dono della confessione che ci regalava anche a noi sacerdoti.
Don Cesare era esigente, ma soprattutto con se stesso: il primo ad arrivare,
l'ultimo ad andare via. Non è stato mai l'uomo dell'armiamoci e partite!
Ed era sempre lì nel suo santo confessionale ad assolvere con saggezza e delicatezza
i cuori dei parrocchiani fragli (anche noi preti).
Don Sandro ci ha coinvolto nell'intenzione di tenere in parrocchia don Cesare
fin quando le sue condizioni lo hanno permesso.
E tutti noi sacerdoti (con don Michele e don Nicola) abbiamo collaborato affinchè
don Cesare potesse celebrare i sacramenti.
Ma tutti i parrocchiani hanno contribuito ad amare il loro primo e santo parroco
e goderne la presenza ed il servizio fino all'ultimo.
Mi ricordo anche che in ospedale, quando don Cesare si ruppe il femore e poco prima di lasciare la parrocchia,
c'erano i turni di volontari per assisterlo con amore. Poi abbiamo dovuito assicurare a don Cesare un'assistenza
più adeguata alle sue condizioni e con dispiscere ma serenità lo abbiamo trasferito nella residenza del Clero,
a Via Vergerio dove è salito alla Casa del Padre.
Pochissime volte ho visto don Sandro piangere, perchè era riservato nei suoi dolori e nelle sue pene.
Una di queste fu per la tumulazione al Verano di don Cesare.
Io non ho poptuto partecipare al funerale di Don Cesare perchè la mattina partivo per un campo scuola,
con i sentimenti colmi di dolore.
Mi hanno raccontato che è stata una celebrazione arricchita dalla presenza di numerosi sacerdoti che alla fine lo hanno scortato all'uscita al suono delle campane in festa. Addirittura (delicatezza di don Sndro) la stessa camera ardente fu fatta in parrocchia davanti all'ltare il giorno prima delle esequie, per dar modo a tutti i parrocchiani di omaggiare il loro anziano
e santo primo pastore.
A me l'amore di don Sandro, che ha amato come un figlio don Cesare,
mi ha lasciato un segno indelebile di commozione ancora oggi mentre ricordo quegli anni meravigliosi.
E don Sandro ha seminato nella mia anima tante altre sorgenti che zampillano lacrime: sono i tanti, miti ed umili gesti di amore che il mio parroco ha tentimoniato in venticinque anni di amicizia e figliolanza terrena. Oggi don Cesare e don Sandro si sono riabbracciati lassù nel giardino fiorito dei cuori di Gesù e Maria
Vi lascio con la sua descrizione di don Cesare che il Vescovo gli ha chiesto in vista del funerale
Roma, 4 settembre 2001
Per questa liturgia di commiato da don Cesare Virtuoso, il vescovo mi ha chiesto di ricordare qualcosa della sua vita. Lo faccio molto volentieri avendolo conosciuto abbastanza da vicino e lo porgo soprattutto con l’affetto e la stima che ho nutrito sempre per lui.
Don Cesare è nato a Roma il 6 agosto 1914, nei pressi di Piazza Dante e apparteneva alla Parrocchia dei Santi Marcellino e Pietro a Via Merulana. Lo sentivo parlare del suo parroco di allora Mons. Rinaldi che lo ha messo in seminario e che già aveva a cuore le vocazioni sacerdotali. Da questo contatto probabilmente è nato il germe di quell’interesse che don Cesare ha avuto sempre nella sua vita per questo delicato tema. Fin da piccolo ha seguito la sua vocazione entrando nel semiconvitto (collegio solo diurno, la notte si rientrava a casa) che preludeva all’ingresso in Seminario. Ha percorso le tappe del Seminario Romano Minore e Maggiore, e il 3 febbraio 1940, nella Festa della Madonna della Fiducia, patrona del Seminario Romano è stato ordinato sacerdote. A luglio dello stesso anno, terminata la formazione del Seminario, è stato assegnato come viceparroco alla Parrocchia di San Michele Arcangelo a Pietralata. Vi è rimasto un anno e qualche mese. Nel 1942 era viceparroco alla parrocchia di S. Emerenziana, da poco istituita, ma già con l’incarico di curare quella porzione di territorio che gravitava intorno a Piazza Vescovìo. Raccontava a volte di quelle esperienze degli anni della guerra, del rifugiarsi della gente durante l’allarme, nei sotterranei della chiesa, degli incontri con i soldati tedeschi quando al mattino veniva a Piazza Vescovio per celebrare la messa. Funzionava come luogo di culto la Cappella delle Suore Francescane, perché ancora non c’era alcuna struttura. Nel luglio 1950 viene costituita la Parrocchia Sacri Cuori. Da chiesa fungeva l’attuale teatro; la casa canonica e le aule di catechismo completavano la struttura parrocchiale. Nel marzo 1957 viene ultimata la costruzione dell’attuale chiesa.
Nelle attenzioni di don Cesare c’era al primo posto il decoro della Chiesa e dell’altare; per i fiori e per l’addobbo non lesinava spese. Sua premura lo svolgimento dignitoso della liturgia. Curava personalmente la formazione degli allora “chierichetti”. E lo faceva sia per garantire il servizio liturgico e sia perché dai chierichetti, ben curati potevano maturare delle vocazioni sacerdotali. Non fu smentito in questa sua convinzione. Il Signore ha voluto benedire largamente don Cesare facendogli dono di molte vocazioni; dalla parrocchia sono usciti diversi sacerdoti, religiosi e religiose.
Cosa dire degli anni del Concilio, della riforma liturgica, della contestazione del ‘68, del suono delle chitarre nella messa? Sono stati, credo, per don Cesare anni difficili e carichi di preoccupazioni e di dispiaceri. Ogni cambiamento porta sempre un po’ di sbandamento. Per di più la mentalità e la formazione ricevuta in seminario prima della guerra, non poteva forse neanche minimamente prevedere e quindi preparare al ritmo così vorticoso degli avvenimenti ingenerato dal Concilio. Don Cesare era ubbidientissimo nell’applicare minuziosamente le prescrizioni del Concilio. Ricordo i primi esperimenti della messa in italiano, la prima concelebrazione nel suo 25° di sacerdozio, l’adattamento dell’altare ai nuovi criteri della liturgia. Per i giovani queste novità suonavano gradevoli, per lui invece questi cambiamenti potevano forse essere colti come un attentato a certi punti fermi, come un infiltrarsi di insicurezza nella dottrina, come uno sgretolarsi della disciplina nella vita dei sacerdoti e dei fedeli. Per questi motivi, credo, don Cesare, come tutti, ha avuto i suoi momenti di contestazione, di incomprensione e di sofferenza. Nel 1988, iniziando il 75° anno di età, don Cesare rinuncia al ruolo di parroco ma rimane nella parrocchia per continuare il suo servizio soprattutto nel ministero delle Confessioni e nella preghiera, che è stata sempre una sua caratteristica costante. Rimane in parrocchia fino al 9 novembre 2000, quando il suo stato di salute richiede cura e attenzione ininterrotta. Viene allora ospitato nella casa del Clero del Vicariato in via Vergerio 16, dove alcune Suore dell’Istituto San Gaetano e personale laico provvedono alla assistenza dei circa 20 sacerdoti dimoranti nella casa. Domenica 2 settembre 2001, alle ore 16 circa, la morte, anche se non inattesa, lo raccoglie in maniera repentina (tutto si è concluso nello spazio di circa 20 minuti), dandogli il tempo di ricevere l’assoluzione sacramentale, di intonare una ultima Ave Maria e di ricevere il sacramento degli infermi.
Si potrebbero fare tante riflessioni e raccontare ancora tanti fatti della sua vita. Molte cose le ha già ricordate il vescovo nella omelia. Senza avere la pretesa di descrivere e dire tutto su don Cesare, cerco di evidenziarne qualche aspetto a comune edificazione.
Ha desiderato rimanere nella parrocchia anche se non più parroco, per poter continuare il ministero della misericordia e della formazione delle coscienze nel sacramento della penitenza. Credo che questa decisione abbia procurato a don Cesare non pochi motivi di sofferenza. La parrocchia era tutta la sua vita. Non aveva altre mire o ambizioni. L’aver lui iniziato la parrocchia, averne seguito la costruzione, pietra su pietra, soprattutto l’esserne sempre stato a capo già dall’anno 1942, lo poneva certamente in condizione di sentire come una ferita personale, una qualche decisione magari non condivisa pienamente o un provvedimento fuori dai suoi schemi e dalla sua mentalità. Debbo comunque affermare che mai egli ha lasciato trasparire tutto questo. A volte si faceva premura di suggerire alcune cose, “perché il parroco”, diceva, “deve sapere”, ma quando gli si replicava che il parroco era al corrente, cessava ogni sua preoccupazione e ogni sua ansietà. Rientrare nei “ranghi” quando si è sempre stati al comando, credo sia stata per lui una intensa purificazione interiore e motivo di profondo distacco da sé stesso.
E dire che con il suo carattere e con la sua formazione sentiva molto il ruolo e la responsabilità del presiedere. Ricordo, da viceparroco, negli anni ‘63-‘69, la sua fermezza e il suo “rigore” che erano proverbiali e da tutti risaputi. La prima messa domenicale era allora celebrata alle ore 6. Dovevamo essere in Chiesa disponibili per le confessioni per tempo e se questo non avveniva, ci chiamava con il citofono in camera, dico che “ci buttava giù dal letto”. Ma lui ci chiamava non dalla camera sua bensì dalla sacrestia, dove lui era sceso molto prima di noi.
Molti conoscono don Cesare per la sua presenza nella chiesa quando la chiesa era aperta. Ma don Cesare era presente in chiesa anche quando questa era ancora chiusa. Si sarebbe potuto regolare l’orologio sui suoi orari. Alle 16 se non prima, scendeva sempre a pregare. Lo si trovava in ginocchio o seduto nel banco accanto al confessionale.
Un altro particolare aspetto della sua vita: la puntualità, forse a volte ricercata con ostinazione, e l’esigere che i sacerdoti fossero tutti presenti ai momenti comuni della convivenza. Dietro questa richiesta, vedi ad esempio per l’orario della mensa, c’era senz’altro l’importanza attribuita alla vita comune. Per don Cesare, questo aspetto di comunione fra preti era importante. A tavola il discorso e il confronto delle idee e delle esperienze poteva costituire un motivo di arricchimento per tutti, quasi una “comunione di beni” come avviene per la vita degli sposi, non tanto riferita alla situazione patrimoniale, ma al piano spirituale dei valori, anche se non va taciuta la sua attenzione e la sua generosità anche nel campo materiale. Che i preti fossero in comunione e in sintonia tra loro.
Auguro, personalmente a me, a tutta la parrocchia e a quanti lo hanno conosciuto, che questa “comunione di beni” continui nella “Comunione dei Santi”. Credo fermamente che egli, come faceva in vita, attraverso la preghiera sia ancora ad intercedere per noi e, spero vivamente, che per noi lui continui ad essere un punto di riferimento e di conforto. Noi vogliamo ricordarlo nella preghiera come sempre egli chiedeva per sé, affidandosi tanto spesso alle preghiere degli altri.
PREGHIERA dei FEDELI
del funerale di don Cesare
Perché il Signore doni a don Cesare la gioia e la pace dell’eternità, e a noi conceda un giorno di riunirci a tutti quelli che abbiamo conosciuto ed amato PREGHIAMO
Per ringraziare il Signore di averci fatto conoscere don Cesare e di avercelo dato come guida e pastore esemplare per tanti anni in questa nostra parrocchia PREGHIAMO
Perché il ricordo di Don Cesare, sempre assiduo al ministero del perdono nel confessionale, sia a tutti noi di stimolo nell’educare e impegnare la nostra coscienza a corrispondere sempre più pienamente all’amore di Dio PREGHIAMO
Perché nella chiesa non manchino mai santi sacerdoti e perché anche nella nostra parrocchia i giovani siano disponibili alla possibile chiamata del Signore nella vocazione sacerdotale per continuare la missione e il servizio che ha svolto don Cesare in mezzo a noi e per cui lui ha sempre pregato. PREGHIAMO
Perché il Signore susciti nelle famiglie la capacità e il desiderio di donare qualche figlio al Signore nella vocazione religiosa e ispiri ad ognuno di vivere con fedeltà l’impegno familiare come vocazione PREGHIAMO
Per i malati, gli anziani e per quanti soffrono nel corpo e nello spirito: uniscano le loro pene alla passione di Cristo a beneficio dell’azione missionaria, evangelizzatrice e caritativa della Chiesa PREGHIAMO
Per la nostra comunità parrocchiale: cresca nell’amore, nel servizio e nella santità e don Cesare continui nel nostro ricordo e con la sua preghiera ad intercedere per tutte le intenzioni e le preghiere che questa sera sono state espresse anche col pensiero e nel silenzio. PREGHIAMO